12 febbraio 2020

Per poter usare un documento contro il fisco, occorre che abbia data certa?

Nell'ambito di un contenzioso che sto seguendo in questi mesi per conto di un mio cliente l'Agenzia delle Entrate contesta la effettività di un costo, secondo l'Agenzia delle Entrate quel costo difetta di inerente competenza, non c'entra niente con la realtà dell'azienda. In realtà, in sede di verifica, si era prodotto un contratto dell'azienda con quel fornitore che stabiliva punto per punto quali erano gli accordi e quindi alla luce di quel contratto il fornitore aveva poi emesso le sue fatture.

All'Agenzia delle Entrate l'operazione nel suo complesso non è piaciuta, non ha ritenuto documentata quella trattazione e nelle deduzioni descritte in risposta al ricorso che ho presentato mi dicono che un elemento che fa propendere per non considerare valido quel costo è che il contratto fatto con il fornitore difettava di data certa, ovvero era un contratto fatto e sottoscritto dalle parti con una certa data ma non essendoci certezza di quella data, cioè non essendo quel documento stato registrato o inviato via Pec non si poteva avere la certezza che quel contratto fosse realmente sussistente.

Qual è la norma che invoca l'Agenzia delle Entrate per sostenere che un atto privo di data certa non può essere prova di nulla nei suoi confronti? E' l'articolo 2704 del Codice Civile che stabilisce che un documento privo di data certa non può essere sottoposto a terzi. L'Agenzia delle Entrate si considera terza e quindi, difendendosi, dice "caro contribuente, tu questo atto non l'hai registrato, questo atto non te lo sei mandato via Pec, non puoi provare la data certa, per me non esiste".

Io era da un po' che ero stufo di questa presa di posizione da parte dell'Agenzia delle Entrate perché la norma fiscale, quando richiede una data certa, lo dice espressamente! Ad esempio è noto che occorre mettere la data certa a un verbale di assemblea che attribuisce il trattamento di fine mandato all'amministratore, altrimenti si rischia di non poter dedurre per competenza il relativo costo.

E' altrettanto fuor di dubbio che è opportuno dare data certa alle missive che si scambiano i soci e le società in relazione ai finanziamenti effettuati. Questo per dare certezza del tempo in cui si decide di fare un finanziamento e questo anche per definire, senza ombra di dubbio, se i finanziamenti sono fruttiferi o non fruttiferi.

In tutti gli altri casi, però, non è così e questa volta mi sono stufato di difendermi solo con gli strumenti del buonsenso, ho fatto una ricerca approfondita e ho trovato una sentenza di Cassazione veramente fantastica, che risolve il problema una volta per tutte. Questa sentenza non nega il fatto che il Fisco possa considerarsi terzo in relazioni a documenti privi di data certa, ma questo soltanto in una circostanza: nella circostanza in cui quella specifica data sia fondamentale per l'esatta percezione di un tributo.

Ti faccio un esempio: una società aveva registrato un verbale di assemblea che distribuiva i dividendi, datato 29 settembre 2003, lo aveva registrato in data 20 ottobre 203, qualche giorno dopo ma il 30 settembre 2003 erano cambiate in senso sfavorevole le regole rispetto alla distribuzione dei dividendi e allora una società che ha tenuto un'assemblea prima del 30 ma l'ha registrata dopo può godere di quella data che è precedente al momento in cui la registrazione dell'atto conferisce data certa a quel documento? Non lo può fare! Perchè quella data lì, proprio quella data lì, è fondamentale per capire se un tributo è dovuto o no e in quale misura.

In tutti gli altri casi, e a me succede spesso di produrre documenti in giudizio, dove la data non è l'elemento centrale ma è uno degli elementi che aiutano a sostenere le mie tesi o uno dei mezzi di prova che utilizzo, testimonia un fatto storico. Questa sentenza dice che in tutti questi casi la data non deve essere certa e il Fisco non può pretendere l'applicazione dell'art. 2704 per qualunque documento. Aggiungo io: anche perché sarebbe veramente assurdo pretendere che i contribuenti registrassero qualunque documento fatto sulla scrivania perché in futuro l'Agenzia delle Entrate potrebbe disconoscere qualunque documento privo di data certa.

Allora registriamo i documenti o facciamo uno scambio di Pec, più facilmente, quando occorre e riteniamo che sia fondamentale provare la veridicità di un documento ma anche la sua datazione ma non dobbiamo impazzire a scambiarci via Pec qualunque cosa passi sulla nostra scrivania perché questo è un onere che la Cassazione non ci chiede.

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