16 ottobre 2020

Storia di una difesa tributaria (con strascico penale)

In questo video vorrei raccontare la storia di un contenzioso tributario nascente. Un paio di settimane fa ho ricevuto una telefonata da un collega che avevo incontrato anni fa, con cui c’è stato uno scambio di biglietti da visita ma che non conosco bene. Ha detto di ricordarsi di me, del fatto che mi occupo di contenzioso tributario, e ha affermato di avere un problema con un cliente che non era in grado di gestire. Mi ha perciò chiesto se potessi seguirlo io.

Una telefonata di questo tipo per me è sempre molto gratificante, il fatto di avere la stima di un collega che non si sente pronto ad affrontare un contenzioso e quindi si ricorda di me che me ne occupo è sempre molto piacevole. Non sempre tra colleghi c’è questo desiderio di condividere.

Era un contenzioso che nasceva su un problema che aveva anche un riflesso penale: i clienti avevano acquistato dei beni da un soggetto risultato poi evasore totale totalmente privo di qualunque struttura. L’Agenzia delle Entrate contesta non l’oggettiva inesistenza delle operazioni (perché i beni sono stati venduti davvero) ma la soggettiva inesistenza delle operazioni. Un acquisto fatto da un fornitore inesistente, una sorta di triangolazione, l’Agenzia delle Entrate richiede indietro l’IVA detratta su quelle operazioni. Il collega mi ha detto di non sapere da dove partire e mi ha chiesto di aiutarlo; ho risposto che l’avrei fatto con molto piacere. 

Ho dunque incontrato i clienti, e li ho incontrati anche in presenza di un avvocato penalista per avere il quadro complessivo della situazione. Io mi occupo della parte tributaria ma in questo caso probabilmente si sfocerà anche nel penale, perché l’utilizzo di fatture soggettivamente inesistenti per risparmiare IVA è anche un reato. Ho incontrato, inoltre, il funzionario dell’Agenzia delle Entrate e ieri ho scritto la prima memoria. Quello che voglio condividere qui sono i due aspetti della memoria che ho scritto ieri. 

Innanzitutto, in tema di soggettiva inesistenza delle operazioni, è cruciale (ed è anche quello che ho sottolineato nella mia memoria), che l’Agenzia delle Entrate dimostri che il fornitore non solo è un evasore totale, ma è anche completamente privo di una struttura d’impresa che gli possa consentire di produrre quei beni. In questo, devo dire, non c’è alcun dubbio nel caso di specie. Questo però non basta, perché per poter chiedere ai clienti di questo evasore l’IVA detratta è anche necessario (e questo la cassazione lo dice in maniera chiarissima), che essi fossero consapevoli della frode; in alternativa avrebbero comunque dovuto venirne a conoscenza usando la comune diligenza legata alla loro professionalità. Come si può vedere, il tema è molto più delicato e sfumato, si parla di questioni che non sono bianche e nere. Che cosa vuol dire “avrebbero dovuto accorgersi”? Quali sono gli elementi che dovrebbero indurre un cliente ad accorgersi che lì dietro c’è qualcosa di stonato? Nella mia memoria ho perciò sostenuto che l’Agenzia delle Entrate non aveva sollevato alcun elemento per testimoniare, né che i miei clienti sapevano o avrebbero dovuto sapere. Non c’era nessuna prova che sapessero, così come non vi era alcun elemento serio tale da far pensare che lì dietro ci fosse qualcosa di marcio, quindi ho insistito perché la pretesa venisse annullata. 

C’è anche un altro elemento interessante da sapere. Quando l’Agenzia delle Entrate fa un accertamento fiscale che comporta a loro carico l’obbligo di denuncia penale, esiste quello che si chiama il raddoppio dei termini di decadenza. L’Agenzia delle Entrate ha, cioè, più tempo per fare l’accertamento. Il termine di decadenza nel nostro caso scadeva il 31/12/2019, ma l’Agenzia delle Entrate ci ha detto che i termini erano raddoppiati e che dunque avevano ancora tempo per portare avanti la verifica durante il 2020. Ho approfondito la cosa e ho visto la norma; oggi è cambiata ma vale ancora per l’anno d’imposta in oggetto. Essa dice che il raddoppio dei termini vale soltanto se l’Agenzia delle Entrate, entro i termini ordinari di decadenza, comunica alla Procura della Repubblica la notizia di reato. Nel nostro caso così non è stato, perché è stata comunicata la notizia di reato a carico del fornitore ma non a carico del cliente, cioè dell’azienda che sto assistendo. Ho allora sostenuto, nella mia memoria, che questo accertamento, al di là del merito, è tardivo, siamo fuori termine. 

Con l’Agenzia delle Entrate siamo in una fase preliminare, siamo nel cosiddetto accertamento con adesione anticipato, ovvero quel tentativo di adesione che precede l’avviso di accertamento. La memoria, l’ho appena scritta e la sto per mandare, vedremo quale sarà la reazione della controparte ma sono convinto di queste tesi. Soprattutto, voglio sottolineare la lungimiranza del collega che mi ha passato questa pratica. Queste pratiche così delicate (come tutti gli accertamenti in realtà, anche in assenza di conseguenze penali) devono essere seguiti da un dottore commercialista che sia anche difensore tributario.

Sintesi del video by
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