29 gennaio 2021

Una mia sentenza dà una vera e propria lezione all'Agenzia Entrate sul concetto di INERENZA

Devo dirvi che i momenti più gratificanti di tutta la mia attività professionale sono, molto probabilmente, le telefonate che faccio al mio cliente dopo che ho ottenuto un successo in commissione tributaria. Ricevo il dispositivo via Pec della sentenza, vado poi sul portale della giustizia tributaria a scaricarmi la sentenza, festeggio nel mio cuore e poi telefono al cliente per comunicare che è andata bene. In quei momenti lì c'è il succo di quello che io amo, devo dire la verità, di questo lavoro. C'è poi successo e successo, e un successo che ho avuto di recente è stato particolarmente gratificante. Da un lato perché gli importi in gioco erano davvero consistenti, dall'altro perché un successo è tanto più importante quanto meglio è scritta la sentenza che ti dà ragione. Se i giudici ti danno ragione ma la sentenza è mal scritta, tu già sai che tutta quella sentenza dovrà essere discussa da capo in appello, perché quegli argomenti non terranno e quindi sarà da fare tutto da capo. In questo caso che ti sto raccontando, invece, ho ricevuto dai giudici di primo grado della commissione tributaria provinciale di Torino, una sentenza scritta benissimo, una vera e propria lezione alla Agenzia delle Entrate su un tema particolarmente interessante: sul concetto di inerenza. Nell’avviso di accertamento erano riportati una serie di contestazioni riguardanti la deduzione di spese che l'Agenzia delle Entrate non riteneva sufficientemente collegati con i ricavi dell'attività per poter essere dedotte. La commissione tributaria, prima ancora di entrare nel merito e quindi di discutere le specifiche contestazioni, ha fatto un cappello introduttivo che costituisce una vera e propria lezione all’Agenzia delle Entrate sul concetto di inerenza. A seguito poi di questa lezione ha accolto il nostro ricorso sui rilievi che riguardavano il concetto di inerenza. In questo video ho particolare piacere di leggerti le righe della commissione e di commentarla insieme.

La commissione dice: “La commissione rileva come le contestazioni dell’ufficio siano essenzialmente fondate sull’asserita mancanza di inerenza o di prova della stessa dei costi ripresi a tassazione, con l'applicazione di un concetto di “inerenza” che per talune delle riprese operate dall'Ufficio appare effettivamente avulso da qualsiasi realtà economica ed imprenditoriale di proficua gestione dell'impresa, nonché in contrasto con i principi dettati dalla giurisprudenza della Suprema Corte e di merito e dagli stessi documenti di prassi dell'Amministrazione finanziaria. E, più precisamente: Già la prassi ministeriale (Circolare n.30/9/944 del 07/07/1983 e Risoluzione n. 158/E del 28/10/1998) aveva chiarito come il concetto di inerenza non sia legato ai ricavi dell'impresa, ma all'attività di questa e, pertanto, come possano essere considerati deducibili anche costi e oneri sostenuti in proiezione futura, quali le spese promozionali e, comunque, quelle dalle quali si attendono ricavi in tempi successivi.”

Questo è un primo elemento molto chiaro. Il concetto di inerenza che determina la deduzione di un costo non è lo stretto legame del costo con un ricavo prodotto. Spesso l'Agenzia delle Entrate, quando ti fa una verifica, guarda i tuoi costi e dice: “Sì ma questo costo ha prodotto quale ricavo?”. Non è necessaria quella prova, l'unica prova da fornire è che quel costo sia legato al complesso dell’attività. Io, ad esempio, potrei sostenere delle spese pensando di poter avere un beneficio domani, ma se poi quel beneficio non dovessi averlo perché l'attività non è andata bene, non è che quelle spese diventano indeducibili perché non devo dimostrare il legame con un ricavo, devo dimostrare un legame con l'attività dell'impresa. Questo punto colto precisamente in questa sentenza è assolutamente cruciale e spiace anche vedere che l'Agenzia delle Entrate sia invece, spesso, durante gli accertamenti, legata ad un concetto antico che non è più aggiornato di inerenza. In tutti questi casi bisogna assolutamente contestare quello che fa l'Agenzia delle Entrate. 

Andiamo avanti nella lettura che è particolarmente interessante. 

“Sul punto, anche la giurisprudenza è orientata a richiedere, per la deducibilità dei costi e degli oneri, che gli stessi siano rapportati come causa a effetto nel circuito della produzione del reddito e conseguentemente, si possa affermare che il giudizio di deducibilità di un costo per inerenza riguarda la natura del bene o del servizio e il suo rapporto con l'attività dell'impresa, da valutarsi in relazione allo scopo perseguito al momento in cui la spesa è stata sostenuta e con riferimento a tutte le attività tipiche dell'impresa stessa e non, semplicemente, ex post in relazione ai risultati ottenuti in termini di produzione del reddito. Con riferimento all'inerenza si può anche affermare che il principio in questione non avrebbe un’espressa disciplina del TUIR, ma discenderebbe direttamente dal principio costituzionale di capacità contributiva e che la disposizione dell'articolo 109 co. 5 del TUIR si riferirebbe al solo profilo di coesistenza di proventi imponibili ed esenti.”

Su questo non entro di più, ma qui la commissione dà veramente prova di avere compreso perfettamente giuridicamente da dove discende il principio di inerenza. Non vado oltre se no in questa sede vi annoierei. Inoltre “L'accertamento dell'inerenza del costo deve essere condotto tenendo conto delle specifiche condizioni sulle quali si basa la scelta dell’imprenditore, al fine di verificare che il sostenimento del costo medesimo realizzi effettivamente un vantaggio economico per l'impresa.” Un vantaggio economico, un vantaggio generale per l'attività dell'impresa ma non una stretta connessione con i ricavi, aggiungo io. “Invero l'inerenza rappresenta sia nella determinazione del reddito d’impresa che in quello di lavoro autonomo, la regola che identifica il necessario collegamento che vi deve essere tra un componente economico e l'attività esercitata. Per quanto riguarda la giurisprudenza, fra quella che fa applicazione dei principi sopra indicati si può citare la Cassazione del 2018 secondo la quale “In tema di deducibilità dei costi, l'inerenza, desumibile dall' articolo 109 comma 4 del TUIR deve essere riferita all'oggetto sociale dell'impresa, in quanto non integra un nesso di tipo utilitaristico tra costo e ricavo, bensì tra costo ed attività di impresa, anche solo potenzialmente capace di produrre reddito imponibile, ma - a differenza di quanto avviene ai fini della detrazione dell’iva, rispetto alla quale il concetto ha valenza esclusivamente qualitativa - nelle imposte dirette l'antieconomicità di una spesa, ossia la sproporzione sul piano quantitativo, può costituire significativo sintomo della non inerenza della stessa”

Attenzione perché ogni tanto la Cassazione prende una deriva sull’antieconomicità delle spese, quindi qui, sull’ammontare della spesa un po' di attenzione evidentemente ci va, confermato da Cassazione del 18. “Per quanto riguarda la giurisprudenza di merito abbiamo una C.T.P. di Reggio Emilia ancora più favorevole per il contribuente, la quale ha deciso che in tema di imposte sui redditi delle società, il principio dell'inerenza dei costi deducibili si ricava dalla nozione di reddito d'impresa ed esprime la necessità di riferire i costi sostenuti all'esercizio dell'attività imprenditoriale, escludendo quelli che si collocano in una sfera estranea ad essa, senza che si debba compiere alcuna valutazione in termini di utilità (anche solo potenziale indiretta), in quanto è configurabile come costo anche ciò che non reca alcun vantaggio economico e non assumendo rilevanza la congruità delle spese, perché il giudizio sull’inerenza è di carattere qualitativo e non quantitativo.” 

Questa sentenza ci dice che invece l'Agenzia delle Entrate non potrebbe esprimere rilievi in termini quantitativi, il contrario di quello che diceva la Cassazione prima. Può l'Agenzia delle Entrate dirti che una determinata spesa è troppo importante per i benefici che hai avuto? Secondo quella sentenza di Cassazione potrebbe farlo, ci sono anche sentenze di merito che dicono che non possono farlo, perché questo discende dalle scelte imprenditoriali valutare se una spesa è congrua rispetto ai suoi obiettivi e non certo all’Agenzia delle Entrate. Io ovviamente questa tesi la sposo in toto. Mentre “La C.T.R. Lombardia ha stabilito che “In materia di costi deducibili, il principio di inerenza si basa sulla relazione tra due concetti, la spesa e l'impresa, dove il costo risulterà deducibile non tanto se nello specifico è connesso ad una determinata componente di reddito, ma in virtù della sua correlazione con un'attività in grado di produrre utili. Il concetto di inerenza non riguarda i componenti positivi di reddito, ma l'attività esercitata, nel senso che saranno deducibili sia i costi che si riferiscono ad attività ed operazioni che concorrono a formare il reddito, sia i costi sostenuti in proiezione futura e comunque legati ad attività dalla quale possono derivare dei compensi successivi...”

Quando ho letto queste parole poi, nel proseguire la lettura della mia sentenza, ero tranquillo perché a questo punto sapevo che gran parte dei motivi del mio ricorso sarebbero stati accolti. Come avete visto, una vera e propria lezione. Questo è il concetto di inerenza. Quindi non cadiamo, nel momento in cui riceviamo un accertamento dell'Agenzia delle Entrate, in questo tranello di farci andar bene delle riprese tassazione che non devono essere. Rimaniamo ancorati alla legge e dalla giurisprudenza su questo concetto di inerenza, sulla violazione del quale si basano tante delle riprese tassazione che opera l'Agenzia delle Entrate in sede di accertamento. Buona giornata a tutti  

Sintesi del video by
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